giovedì 30 marzo 2017

Colui che dubita

Sempre, ogni volta che
ci pareva di aver trovato la risposta a un problema,

uno di noi scioglieva, sulla parete, il nastro dell’antico
rotolo cinese
sí che svolgesse e
visibile apparisse
l’Uomo Seduto
che tanto dubitava.

Io, ci diceva,
sono Colui che dubita.
Dubito che
sia riuscito il lavoro che v’ha inghiottiti i giorni.

Che, quel che avete detto, se detto peggio valga tuttavia
per qualcuno.

Che lo abbiate detto bene e che forse un po' troppo
vi siate, alla verità di quanto avete detto, affidati.

Che sia ambiguo: per ogni possibile errore
vostra sarebbe la colpa.
Può anche essere troppo univoco
e allontanar dalle cose la contraddizione; non è troppo univoco?
Allora quel che dite è inutilizzabile. Le cose vostre sono
inanimate, allora.

Siete realmente nel corso degli eventi? Compresi con tutto
quel che diviene?
Siete ancora in divenire, voi? Chi siete? A chi
parlate?
A chi serve quel che state dicendo?
E, fra parentesi:
vi lascia sobri?
Si può leggerlo di mattina?
È anche congiunto al presente? Le tesi
davanti a voi enunciate son messe a profitto
o almeno
confutate?
Tutto
è documentabile?

Per esperienza? Di chi?
Ma prima di tutto
e sempre,
e ancora prima d’ogni cosa: come si agisce?
Pensierosi noi si considerava con curiosità
l'uomo Turchino dubitare dal quadro, ci si guardava e
da capo si ricominciava.


 Bertolt Brecht



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